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sabato 28 aprile 2018

Addio piccolo Alfie

Scrivo con una tristezza infinita. Non mi soffermo sulla straziante vicenda, ma mi infilo empaticamente nei panni di un genitore. Opportuno o non opportuno, esiste una volontà e responsabilità genitoriale che non si può bypassare. Almeno se concerne la decisione di tentare disperatamente di curare il piccolo in un altro ospedale.
Negare questo diritto non è segno di civiltà a mio parere.

So che la malattia degenerativa non lasciava speranze, che il piccolo era stato visitato e curato da luminari inutilmente, che la medicina non è in grado di dare risposte a malattie rare.

Fare tutto il possibile o l'impossibile, però aiuta ad accogliere più serenamente anche il peggio.

4 commenti:

  1. E sono d'accordo con te!
    Nessuno, nemmeno uno Stato, può impedire di tentare una cura fosse anche all'estero.
    D'altra parte, non può obbligare nessuno a tentarla se l'idea dell'ammalato è diversa.

    Lo so che Alfie, non avrebbe mai potuto decidere nè in un senso nè nell'altro, parlando però in generale, io credo che ci debba essere libertà di decidere ad un certo punto della nostra esistenza se curarsi o no.

    Sono vicina a quei genitori e mi piange il cuore al pensiero che il piccolo non c'è più :(
    La morte di un bimbo è sempre più tragica di qualunque altra morte.

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  2. credo, ma senza pretese di avere ragione, che la domanda da porsi sia un'altra. occorre infatti comprendere la differenza tra il continuare a vivere e l'opportunità di continuare a farlo. mi spiego peggio: sottoporre una persona a cure che nulla possono per il suo stato di salute, è davvero allungare la vita? e a che condizioni? mi spiego ancora peggio: tu, io, noi tutti, abbiamo più paura di morire o di non vivere?

    il discorso dei malati incurabili è dicotomico: per gli uomini i malati sono uomini, per la legge sono pura biologia.

    ti prego di scusarmi, ma non riesco a spiegarmi peggio di così

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  3. Ti sei spiegato benissimo e mi dispiace leggerti dopo due anni.

    La razionalità è dalla tua parte. E ti dà perfettamente ragione. È che io penso con le emozioni, la razionalità viene al seguito.

    Per un figlio soprattutto, ma per qualunque persona cara, dovrei tentare anche l'impossibile, altrimenti non mi farei pace.

    PS Non so se questo messaggio ti viene notificato. Spero di sì perché sei ancora su blogger. Una cosa, torna a scrivere! Spero che non abbia cancellato il blog!

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