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mercoledì 28 maggio 2008

Di 20 in 20

Nada Malanima

1969


1983


2007





Anna Oxa

Un' emozione da poco - 1979




Senza pietà 1999

martedì 27 maggio 2008

"Invece da lagnarse la votte ...


... sa lagne lu mmoste"

Proverbio pescarese, legato al ricordo di mia suocera che soleva dilettare le varie situazioni quotidiane con sigilli di questo genere :-)

Me li ricordo tutti, ma mi tornano in mente quando un episodio ci sta ad hoc, come quello che mi capita stamattina.

Secondo voi nel connubio botte/mosto qual è l' elemento privilegiato? Il mosto o la botte?
Chiaramente il mosto; lui prende semplicemente la forma della botte ed è contenuto; la botte lo contiene ... Forse i principi della fisica potrebbero annullare questo discorso, ma con un po' di fantasia e di animismo è affascinante entrare nella logica popolare ...

Ordunque: capita di essere offesi, o semplicemente essere trattati male, immeritatamente, ma soprattutto, inopportunamente.
Capita altresì che la "vittima" seppure dispiaciuta e offesa, espliciti a chiare note le sue ragioni dimostrando che il discorso precedente non sta né in cielo né in terra; magari il tono è controllato, le parole ben calibrate, ma lo sguardo e la mimica quelle sì, esprimono indignazione e dissenso totale. ( ad un estremista sanguigna è difficile controllare tutto)
Lo scambio di vedute termina, ma gli animi sono ancora concitati. Qualche giorno dopo incontri chi ti ha fatto rimanere male e ti accorgi che preferisce girare lo sguardo tra l' indifferente e l' altezzoso invece di scusarsi o, quantomeno, far finta di niente; e allora ripenso alla nonna Lina che avrebbe detto:

"A me li vu dice! Invece da lagnarse la votte sa lagne lu mmoste!!"
Ossia: Invece di lagnarsi la botte si lagna il mosto! Quanto mi manca la tua arguzia ....

domenica 25 maggio 2008

La normalità ... ovvero la quotidianità

Manifesto redatto nel 1968 da Nirje, protagonista del movimento di normalizzazione nelle scuole. (un' ennesima perla del 68!)

Le letture comunque, a mio, avviso sono molteplici; inoltre il Manifesto di Nirje è ancora un programma, anzi un progetto in fieri, non ancora concluso, nonostante i 40anni trascorsi.



"Normalizzazione significa .... un ritmo normale del giorno.
Ti alzi dal letto al mattino,
anche se hai una gravissima disabilità,
ti vesti ed esci
per andare a scuola o al lavoro: non resti a casa.
Al mattino prevedi quello che farai nella giornata,
alla sera ripensi a quello che sei riuscito a fare.
Il tuo giorno non è 24 ore sempre uguali,
minuti monotoni, pomeriggi senza fine.
Mangi in ore normali ed in modo normale
non solo con il cucchiaio, se non sei più un bambino,
non mangi a letto o in poltrona, ma a tavola
e non ceni presto nel pomeriggio, per la comodità del personale.

Normalizzazione significa .... un ritmo normale nella settimana.
Abiti in un posto e vai a lavorare in un altro,
in un altro ancora passi il tuo tempo libero.
Programmi i divertimenti del fine settimana
E "non vedi l' ora" di tornare a scuola o al lavoro,
il lunedì mattina.

Normalizzare significa .... un ritmo normale dell' anno.
Una vacanza per rompere la routine
con il cambiamento delle stagioni che porta con sé cambiamenti nel lavoro,
nei cibi, nello sport, nello svago e in tante altre cose della tua vita.

Normalizzare significa .... le esperienze normali di sviluppo nel ciclo di vita.
I bambini, e solo i bambini, vanno in colonia.
Nell' adolescenza ti curi molto del tuo aspetto,
dei tuoi capelli,
pensi alla musica, ai ragazzi e alle ragazze.
Da adulto lavori e ti senti responsabile.
Da vecchio hai i tuoi ricordi da rivivere
e la saggezza dell' esperienza.

Normalizzare significa .... avere desideri e fare scelte rispettate dagli altri.
Gli adulti hanno la libertà di decidere
dove vogliono vivere, che lavoro preferiscono
e che amici frequentare.
Se stare in casa a guardare la televisione
o andare a concerto, o a passeggiare in città.

Normalizzare significa .... vivere in un mondo di due sessi diversi.
I bambini e gli adulti hanno relazioni con l' altro sesso, o con lo stesso,
da adolescente cerchi di avere il ragazzo o la ragazza,
da adulto puoi decidere di sposarti o di avere figli.

Normalizzare significa .... il diritto a una situazione economica normale.
Tutti abbiamo il nostro reddito e le nostre responsabilità,
anche se abbiamola pensione di invalidità,
dobbiamo avere i nostri soldi
e decidere come spenderli: nel superfluo e nel necessario.

Normalizzare significa vivere in una casa normale
in un quartiere normale e non in una grande istituzione
con 100 persone disabili o anziane .

Significa non essere isolato dalla società.

sabato 24 maggio 2008

Rileggendo ... ricordi informali cartacei della fine di un ciclo scolastico



Cara maestra Graziana
tu sai che da sempre, fin dalla prima, la matematica è stata la mia materia preferita.
Ma tutto è successo anche perché ad insegnarla è stata una maestra gentile, buona, che ci raccontava un mucchio di cose.
Ci hai fatto imparare tutto ciò che c' era da sapere, divertendoci, giocando.Per esempio, la geometria; non ce l' hai imposta dicendo: "Fate così...", ma costruendo figure e solidi veri, divertendoci come matti.Beh siamo arrivati all' ultimo giorno che passiamo con voi maestre, in questa bella scuola....Non ho nient' altro da dire, solo una cosa:
Grazie maestra Graziana!
Spero di rivederti ogni tanto...venire in questa scuola e rincontrarti.
Con affetto...Marco
Ti Voglio Tanto Bene!!!


Maestra Graziana,
vorrei farti una domanda: racconterai di noi ai prossimi alunni che avrai?
Cara maestra, l'anno prossimo, quando aggiornerai il sito, lascerai uno spazio apposta per noi, così potremo parlare più di frequente!

Ti prometto che alla fine di ogni anno ti verrò a trovare e ti aggiornerò su tutti i voti di matematica che prenderò.
Comunque non scorderò mai le tue storielle simpatiche, le tue spiegazioni, la tua squillante voce resterà per sempre nel mio cuore.
Stefano

Cara maestra,
In questi 5 anni tu ci sei stata molto vicina per capire le nostre esigenze.

La cosa più bella che ci hai dato è la pazienza nei confronti nostri.
Ad esempio, quando un bambino non sapeva una cosa gliela dicevi e gliela rispiegavi.

Quando eravamo piccoli, ma anche ora, ci racconti parti della tua vita che
c' entrano con quello che stiamo facendo.

Io ti ringrazio anche per quando ci porti al computer e non ci tocca e, alla fine del lavoro ci fai giocare.

C' è una cosa che voglio ricordare perché molto importante, ovvero hai creato un sito per la nostra scuola, dandoci l' opportunità di entrare nella nostra pagina anche da casa, di incontrarci nel forum.

Nel nostro primo laboratorio opzionale di "Ambiente e territorio", senza di te non mi sarei divertito così tanto a giocare a scacchi con Valerio in "Giochi sotto l' albero".

Ora la scuola sta finendo e non saremo più insieme, e se ci rivedremo sarà solo di sfuggita, ma io non ti dimenticherò mai.
"Libero"


Questo è l' inizio dei ricordi che non si dimenticano.
Non sapevamo scrivere né leggere,
Voi maestre ci avete accompagnati e indirizzati per diventare perfetti scolari.

ci avete insegnato a percorrere il sentiero del sapere, a togliere le spine dalle rose, a riconoscere il vero dal falso.
Modelli di pazienza e di costanza, amore e comprensione.

Senza bontà non ha valor la scienza.
Questa è la massima lezione, la futura ricchezza che ci avete donato.

Grazie maestre!!!!!
Letizia e Flavia

Cara Grazi,
in questi lunghi 5 anni ci hai fatto tanto divertire; ricordo i mille modi per farci imparare questo è maggiore di quello, questo è minore di quello...

Non posso dimenticare la macchina operatrice della seconda con cui abbiamo imparato a giocare con le quattro operazioni.

Non posso dimenticare le storie dei tuoi vecchi alunni e gli eventi divertenti della tua vita di bambina.
Non posso dimenticare quando ci hai raccontato di aver imprigionato uno scorpione in un cerchio di fuoco per vedere se era vero che si pungevano con il loro pngiglione per non morire arrostiti.

Quando lo scorpione si è suicidato tu hai pianto, non ci avevi pensato prima...

Ah! Quasi dimenticavo, grazie per le volte che ci hai portato a fare computer anhe quando non ci toccava.

Tu ci hai dato tanto tanto affetto
Natasha

Maestra Graziana,
Ci mancherai tantissimo, ma ci mancheranno soprattutto i racconti sui tuoi ex alunni.
Oggi usciremo da scuola con le canoe.
Ci mancheranno anche le altre maestre, ma ci rivedremo!
Con affetto Fabiana
T. V. B. T. T. T.


Cara maestra Graziana
ti voglio dire in un modo superlativo un "Grazie" per tutte le cose che, in tutti questi 5 anni con simpatia, scherzosità, e grazia (lo dice anche il tuo nome Grazia-na) ci hai insegnato;
nei primi anni "piu piu" poi "il bronzetto etrusco", poi ancora "il testolone" e tante altre cose...

Sinceramente (non lo dire alle altre) tu sei la mia preferita perché ogni cosa riesci a mantenerla scherzosa nei limiti.
Questa è la mia mano sinistra che ti dice Ciao (impronta della mano tracciata con la biro)
Alessandro T.

Lascerò qualcosa di buono anche agli attuali alunni??? L' esperienza non sempre è maestra di vita. Cambiano le generazioni, cambiano i contesti ...
In questi messaggi informali c' è un denominatore comune: il bisogno di un clima di empatia. I nostri alunni non ci ricordano per le competenze e le abilità che siamo riusciti a formare, ma per il contesto comunicativo che abbiamo saputo creare, per il background affettivo.

Sono legatissimi alla narrazione; forse perché evoca immagini legate alla prima infanzia o forse perché quando il docente narra "qualcosa che c' entra con quello che siamo facendo" come ha scritto 'Libero', si mobilita la sfera emotiva che fa dell' apprendimento "un volo di farfalla piuttosto che la traiettoria di una palla di fucile" (N. Cuomo)
In poche parole la motivazione e l' attenzione si mobilitano di fronte all' humanitas, ivi comprese le debolezze, le fragilità e la fallacia, qui sta il segreto ...

mercoledì 14 maggio 2008

La Venere di Willendorf

-Ecco, stiamo interrogando una fonte iconografica perché di una foto si tratta, ma nella realtà è una statuetta, un reperto archeologico.
Bene: questa statua ci parla di sé purché noi "l' ascoltiamo" attentamente. Vi dico solo che è stata trovata nella bassa Austria, e che è custodita nel Museo delle Scienze Naturali di Vienna.

Bambini: E' di pietra, è orribile, altro che Venere, maestra!?!
-Be', sicuramente, non è stata lavorata per portarci questo messaggio. Leggiamola, dài ...

Bambini -Paleolitico, forse Paleolitico inferiore, non posso credere che per tutti i 9/10 della storia, l' uomo si sia divertito a scolpire... prima di imparare questo ha imparato a costruire il chopper, poi il chopping tool ... Era meglio risolvere il problema della fame prima di fare le statuette...

Bambini - Ho capito, è il simbolo della nutrizione: seno immenso, pancia e sedere enormi... mah... sembra un deposito di grasso

Bambini: Essì, il compito principale della donna era quello di fare e allevare i figli e doveva allattarli ... chi glielo dava il biberon a quelle lì!?!

Bambini - E poi i figli si facevano in continuazione perché nessuno diventava vecchio, cioè si moriva molto prima: sbranati dai mammut, avvelenati dalle bacche, di malattia ... Le nuove nascite garantivano la sopravvivenza della specie.

Bambini: Ma le donne mica facevano solo i figli? Avevano anche il compito di alimentare il fuoco, raccogliere le bacche, le radici, le erbe, tutti i frutti spontanei insomma! Anzi, aveva imparato a distinguere quelli commestibili da quelli velenosi, vedendo morire le vittime.

- Bene: raccogliamo le informazioni che abbiamo ricavato. Paleolitico inferiore, figura di donna simbolo della maternità, ruolo naturale e sociale, visto che garantiva così la conservazione della specie. Proprio per questo il suo corpo ha imparato ad immagazzinare il cibo sottoforma di riserva alimentare per poter garantire la nutrizione ai suoi "cuccioli".

Massimo: mi ha raccontato la mamma che le donne hanno conservato questo ruolo a lungo. Fino
a mezzo secolo fa, avevano il compito di curare la casa, preparare da mangiare, curarei figli. Ma ad un certo punto si sono ribellate, hanno fatto una specie di guerra, hanno voluto fare le stesse cose degli uomini. Hanno voluto lavorare anche fuori casa.

Fabio: MA ERANO PROPRIO STUPIDE QUELLE DONNE! HANNO FATTO UNA GUERRA PER LAVORARE DI PIU'?! DENTRO E FUORI CASA!?!

Quanta saggezza in queste parole! E quale vivacità intellettuale ... Pensiero puro, non indottrinato ... La sua sincera meraviglia, gli occhi spalancati tra le lentiggini e i capelli più scapigliati del solito, mi hanno suscitato un' ilarità che ho trattenuto a stento, per non sminuire la serietà del discorso.

- Non è stata proprio una guerra come ha detto Massimo, ma una contestazione, un movimento ... come dire?! Una protesta. Perché le donne volevano realizzarsi anche in altre attività. Volevano una maggiore parità. E' vero che è stato molto difficile realizzarlo. Per decenni la donna si è trovata a fare doppio lavoro, come dice Fabio.
Ma ora gli uomini sono diversi: anche loro hanno imparato a fare i lavori riservati un tempo solo alla donna. Quanti papà cucinano, passano l' aspirapolvere, spingono il carrozzino, danno la pappa al bambino o gli cambiano il pannolino?Tutto si risolve con la collaborazione...

- Sì, il mio prepara la torta di carote!
- Il mio il brodetto di pesce!
- Il mio prepara il pranzo quando la mamma rientra alle due!
- Il mio fa la doccia al fratellino!
...
Quando si dice evoluzione di genere ... maschile e femminile ... culturalmente definiti...
Questo è un esempio di ricerca-azione in classe, scaturito dal metodo euristico-partecipativo; una forma laboratoriale di apprendimento che io applico praticamente sempre ... Un discorso a catena, in cui il docente oscilla dallo sfondo al primo piano, c' è e non c' è. Se gli alunni ci si abituano imparano a discutere correttamente e ad ascoltare, a riflettere, a rilanciare aggiungendo altro e, cosa più bella, arriva sempre qualcosa di nuovo, di assolutamente non previsto, come in questo caso il problema dell' emancipazione femminile: una sorta di spiazzamento cognitivo che l' insegnante non poteva prevedere e che non può assolutamente ignorare. Della serie, sai da dove parti, ma non puoi sapere dove arrivi.

Richiede tempo, un tempo non quantizzabile, ma l' efficacia di questa metodica è altrettanto indefinibile, è una semina i cui frutti si raccoglgono ad libitum, perché qui stiamo formando competenze personali che vanno ben oltre i confini delle conoscenze: la figura del docente è quella di colui che cresce con i suoi alunni, non c' è posto per le certezze, può venir fuori di tutto, anche la propria ignoranza, ma è giusto così...

lunedì 5 maggio 2008

Dolce piuma al cioccolato

Ho ritrovato una vecchia ricetta in mezzo a un libro di storia... Uhmm ... facendo un po' di conti, risale a 17 anni fa: Loreto Aprutino, classe seconda A, Marco ... bho ... non ricordo il cognome ... o forse sì, Marco D' A. un ragazzone tranquillo che io definivo robusto, contrapponendomi ai compagni che gli davano del bummone ... :-)

Ora Marco ha circa 24 anni e questa è la calligrafia della sua mamma.
Il mio debole per la cucina e per il cibo buono lo "sgamano" subito ... sempre ...
A fianco alcune annotazioni alternative per una ricetta analoga; questa era di Giulia, Giula L. G. (Torta africana, non proprio coeva , ma quasi... ovviamente il cioccolato è il comune denominatore) Il bigliettino, liso e sbiadito, continuerà a vivere tra le mie pagine; pur se assottigliato, quasi trasparente, ha il suo spessore di quotidianità

Occorrente per il Dolce piuma al cioccolato: 3 uova, 120g di burro, 120g di farina, 120g di zucchero, 20g di cacao amaro, 1 bustina di lievito

Esecuzione: Lavorare il burro con lo zucchero, quando il tutto è ben mescolatoaggiungere le uova, uno per volta e la farina precedentemente mescolata con il cacao e il lievito. Lavorare il tutto molto bene e mettere in forno a media temperatura per una trentina di minuti... Altri dettagli non li decifro.

Torta africana
Occorrente: 2 uova, 1 etto di burro, 250/350 g di farina, 250g di zucchero, 1 etto di cacao amaro, 1 bustina di lievito

Eventuale copertura:100g di burro, 150g di zucchero (non capisco, ma dovrebbe essere a velo), 50g di cacao amaro, 1 bustina di vanillina

sequenza: zucchero + burro parzialmente sciolto + vanillina + cacao > spalmare

Edoardo Bennato - Viva la mamma - 1989

Questa simpatica canzone di Bennato conclude il quaderno per la festa della mamma, realizzato coi miei alunni. Presto online... il quaderno... ;-)

Intanto la dedico a tutte le mamme.


venerdì 2 maggio 2008

La coppia destinata a durare
















Quale coppia?


Oggi alcune giovani coppie per essere certe di essere fatti l' uno per l' altra, scelgono di sottoporsi al rodaggio della convivenza. Uno, due anni, poi il matrimonio, civile o religioso che sia, oppure l'eterna convivenza.
Ma siamo sicuri che alla fine della prova, sebbene perfettamente riuscita, si può affermare con tutta sicurezza "Ce la faremo per sempre!"?
Il legame terrà forte al logorio del tempo, alle tempeste della vita, alle future esperienze di vita?!

Lo stare insieme è un rodaggio permanente. La locuzione "E vissero felici e contenti" è solo il finale delle fiabe.
E' chiaro che il colpo di fulmine o la passione travolgente sono sì qualcosa di unico, ma da soli non sono destinati a garantire l' unione: un incendio si spegne sempre.
Oltre la passionalità è necessaria la condivisione sicuramente non totale, ma di qualche interesse, del modus vivendi, dell' attrazione fisica ... ma non basta.
La condicio sine qua non, è l' atteggiamento di apertura di entrambi, all' interno della coppia e all' esterno, nella vita sociale: all' interno come dialogo permanente; all' esterno come luogo di investimento di risorse personali e di incremento delle stesse.

Nel corso della mia vita ho visto naufragare coppie monolitiche che io avrei definito eterne. Ma in effetti, proprio quella full immersion reciproca, ha finito per decretare la loro fine. La full immersion è portatrice di chiusura verso l' esterno e di esaurimento delle risorse personali: quell' apparente equilibrio in realtà è solo un egoismo a due. Capita che nell' annullamento reciproco nell' altro ci sia sempre uno che si appoggi di più; oppure chi a lungo andare, finisce per stancarsi.

Apertura, dunque, questa è la parola chiave: dicevo, dialogo continuo e apertura al sociale.
Dunque: le risorse personali vanno incrementate continuamente e non consumate all' interno.
Ci siamo: la coppia è una "comunione negoziata". Una parte delle risorse umane va investita all' interno; una parte all' esterno: quali e quante lo decidono i "contraenti".
In tal modo ognuno ritorna sempre più arricchito e arricchisce anche l' altro, sfuggendo all' ossidazione del tempo; le risorse investite all' interno, anche se sono dell'identica proporzione (1/3, 1/4) é una proporzione che s' incrementa sempre in rapporto al tutto! E la coppia si rinnova continuamente trovando sempre nuovo carburante di cui alimentarsi.

Ricetta miracolistica? Certo che no. E' un impegno reciproco, questo sì.
Ma è sicuramente una risposta alternativa alla coppia del passato, alla coppia borghese che durava sì tutta la vita, ma che nessuno accetta più. Ed è giustissimo!
A quale prezzo durava?
Spesso al prezzo di una vita violenta al femminile soprattutto, ma anche al maschile. E non necessariamente di violenza fisica si trattava (pur non essenda esclusa ..sigh!), ma violenza a sé stessi, a vantaggio della rispettabilità, spesso tutta esteriore. Ma è un sacrificio giusto quello di rinnegarsi per tutta la vita, per accettare un ruolo predefinito!?
O piuttosto è più doveroso definire e ridefinire continuamente i propri ruoli, realizzandosi e costruendosisi reciprocamente, in prospettiva permanente?

Libera riflessione personale mutuata dal pensiero di Willy Pasini e di Erich Fromm

giovedì 1 maggio 2008

Primo Maggio

Piazza Salotto - Pescara - Piero Pelù in concerto



Il ricordo vola ai tempi dei Litfiba.
Ognuno di noi in famiglia ha portato e porta i propri gusti musicali, arricchendo il repertorio di ascolto di tutti. I Litfiba sono stati i big del mio primogenito. Mi ricordano molto la sua adolescenza ed hanno appassionato anche me.
Le regole del tempo sono ovviamente ferree, così come gli effetti di un' inversione di rotta, ma va benissimo anche così:



Lieti di averti tra noi, Piero!